sabato 7 febbraio 2015

Acarjé: para comer na companhia de tropicalistas!



Brasile....terra di tradizioni che hanno radici almeno in tre continenti: l'Africa, l'Europa e l'America del Sud, e che si mescolano continuamente,  dando vita ad una delle culture più interessanti che mi è capitato di esplorare in questo viaggio. Queste radici le ho trovate, sapientemente mescolate, nella cucina come nella letteratura o nella musica. E molto spesso ognuna di queste forme espressive richiama l'altra: parole che diventano cibo, cibo che si mescola alle sonorità arcaiche dei tambores, ritmi che si snodano attraverso le pagine intense dei romanzi di Amado o nei versi di Vinicius de Moraes.....tutto è strettamente connesso, saldo. E l'effetto è quello di un coinvolgimento totale dei sensi.....quasi uno stordimento! ma piacevole e intenso. Questo soggiorno brasiliano, per l'Abbecedario Culinario Mondiale,  mi ha riportato sensazioni ed emozioni che mi rimandano indietro nel tempo, al mio primo incontro con la musica brasiliana, e ripercorrere quelle sensazioni ed emozioni ritrovandole nella cucina di questo paese mi regala un senso di completezza. In fondo questa è la forza vera della "Cultura" .....l'espressione dell'essenza profonda di un popolo, che ha la capacità di contaminare, di entrare nell'altro, di renderlo più ricco e migliore! E questa mescolanza di tradizioni, di culture differenti, trova espressione in uno dei movimenti culturali più "particolari" che ha prodotto il Brasile: il "Tropicalismo" o Tropicália, nato agli inizi degli anni sessanta del xx secolo e che racchiudeva arti visive, musicali, e poesia e letteratura. Il termine Tropicália deriva da un'espressione artistica di Hélio Oiticica, un artista brasiliano che si rifà ad uno dei concetti culturali del movimento tropicalista: l' "antropofagia" intesa come cannibalismo culturale e musicale di tutte le società, un cannibalismo che intendeva ispirarsi a tutti i tipi di generi, nutrirsi di essi appunto, per creare e dare vita a qualcosa di unico! Come scriveva Oswald de Andrade, poeta brasiliano e fondatore del Modernismo brasiliano, nel suo "Manifesto Antropófago" del 1928 : "la forza della storia del Brasile sta nell'aver saputo cannibalizzare le altre culture". E questo cannibalismo si ritrova anche nella cucina....l' "Acarajè" è uno dei piatti tipici brasiliani che affonda le sue radici nelle tradizioni africane e nella religione del candomblé (è considerato infatti un piatto sacro, da offrire alle divinità). Ancora sentito è il rituale della decorticazione dei fagioli.....ogni fagiolo deve essere perfettamente pulito e privato della pellicina che lo ricopre, prima di essere lavorato e trasformato in Acarajè per venire offerto all' orixá celebrato, e la ricetta non può essere modificata e dovrebbe essere preparata esclusivamente dai "filhos-de-santo" i rappresentanti del "clero" del candomblé. La ricetta è conosciuta e in rete si trova facilmente anche con video-tutorial. La mia l'ho recuperata qui e ho cambiato fagioli (non ho trovato quelli con l'occhio, i cannellini no....ho usato i borlotti che adoro). Prima della ricetta vi dedico uno dei brani contenuti in quello che può essere considerato il manifesto musicale del tropicalismo: l'album discografico "Tropicalia: ou Panis et Circencis" del 1968, al quale parteciparono artisti del calibro di Caetano Veloso, Gilberto Gil, Gal Costa, Tom Zé. E il brano che vi regalo, interpretato magicamente da Gilberto Gil, è stato composto da Caetano Veloso 


Preparando le mie Acarajè mi sono sentita tanto Raffaella Carrà....lei i fagioli li contava, io li ho sbucciati!!!!!

Acarajè

Ingredienti per circa 25 acarajè
500 gr di fagioli con l'occhio o cannellini (io borlotti)
sale
1 cipolla tritata molto finemente
coriandolo (facoltativo)
olio di palma (io olio evo)
tanta, tanta pazienza!!!!




Preparazione
Il giorno prima cominciate a preparare i fagioli, tritandoli grossolanamente e mettendoli a bagno in acqua fredda. Lasciateli in ammollo 24 ore, poi procedete alla pulizia. Devono essere completamente privi di buccia. 



Usando un buon frullatore, frullateli fino a farli diventare una crema compatta. 


Aggiungete il sale, la cipolla tritata finissima e se vi piace il coriandolo. Io l'ho aggiunto in polvere non avendolo fresco. Lavorate la pasta con un mestolo di legno fino a farla diventare quasi setosa. A questo punto preparate una padella non troppo grande, versate sufficiente olio a ricoprire completamente le frittelle di fagiolo, fate riscaldare bene e poi procedete prendendo, utilizzando due cucchiai, un poco di composto che lascerete cadere nell'olio bollente. L'effetto è sorprendente: dopo qualche secondo le frittelle di fagiolo cominceranno a gonfiarsi come se la pasta fosse stata preparata con lievito!!!! Quando saranno dorate e croccanti, levatele dall'olio e mettetele ad asciugare su carta. Vanno servite calde, magari riempite con il Vatapà e mangiate con parsimonia!!!! non sono propriamente leggere, ma sono squisite!




3 commenti:

  1. Una fatica ben ricompensata .... sono fantastiche!!!
    La cucina brasiliana è eccezionale, una ricetta più buona dell'altra .... peccato non avere il tempo di assaggiare tutto :-)

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  2. come abbiamo già detto, ottime ma pensantissime...

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